La proposta Ue di vietare i prodotti realizzati con lavoro forzato

15 Settembre 2022

La Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento che intende vietare nel mercato Ue i prodotti ottenuti con il lavoro forzato. La proposta riguarda tutti i prodotti: beni fabbricati in Europa e destinati al consumo interno, beni destinati alle esportazioni e beni importati.

Secondo le stime, 27,6 milioni di persone sono vittime del lavoro forzato, in molte industrie e in tutti i continenti. La proposta si basa su norme concordate a livello internazionale e sottolinea l’importanza di una stretta cooperazione tra i paesi partner. A giugno 2022 gli Stati Uniti hanno rafforzato il divieto di importare negli Usa prodotti realizzati con lavoro forzato, ma con il solo riferimento alla Cina, in particolare bene fabbricati nella regione autonoma uigura dello Xinjiang.

Le autorità dei paesi dell’Ue avranno la facoltà di ritirare dal mercato dell’Ue i prodotti ottenuti con il lavoro forzato, in particolare attraverso i controlli delle autorità doganali, che dovranno individuare e bloccare alle frontiere tali prodotti.

I controlli delle autorità

In una fase preliminare gli Stai Ue valuteranno i rischi di lavoro forzato sulla base di molteplici fonti di informazione: contributi della società civile, una banca dati dei rischi di lavoro forzato incentrata su specifici prodotti e aree geografiche, il dovere di diligenza esercitato dalle imprese nelle operazioni e catene di approvvigionamento. Le autorità avvieranno quindi indagini sui prodotti per i quali vi sono fondati sospetti che siano stati ottenuti con il lavoro forzato.

Obblighi delle imprese e sanzioni

Se le autorità nazionali stabiliscono che un prodotto è stato realizzato mediante lavoro forzato, il bene non può essere venduto nell’Ue o esportato dall’Ue. Nel caso in cui il prodotto sia già in commercio, l’azienda è tenuta a ritirarlo dal mercato, a smaltire i prodotti e a sostenere i costi di smaltimento del prodotto vietato. Se un’azienda non segue le decisioni di uno Stato membro, è soggetta a sanzioni ai sensi del diritto nazionale.

Le due diligence sulle filiere

È pertanto  per le aziende svolgere attente verifiche sui propri fornitori e sulla supply chain. Infatti, se un’azienda ha svolto un’efficace due diligence sulle proprie filiere, tale da mitigare, prevenire e porre fine ai rischi del lavoro forzato, l’autorità ne terrà conto nel valutare se esiste un fondato sospetto che un prodotto possa essere stato realizzato con il lavoro forzato.  La proposta Ue sul lavoro forzato è quindi interconnessa alla proposta di direttiva sulla due diligence in materia di sostenibilità aziendale.

Il regolamento si concentra sui prodotti, indipendentemente dalle dimensioni delle aziende coinvolte. Tuttavia, le autorità competenti terranno conto delle dimensioni e delle risorse delle imprese nello svolgimento delle proprie valutazioni e indagini, agevolando in particolare delle Pmi. La Commissione prevede che sarà necessario sostenere le Pmi con orientamenti su come svolgere le varie fasi della due diligence in relazione al lavoro forzato e su come garantire la coerenza con i requisiti di altre normative dell’Ue.

Prossime tappe

La proposta dovrà essere discussa e approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea prima di poter entrare in vigore e si applicherà a decorrere da 24 mesi dalla sua entrata in vigore. Entro 18 mesi dall’entrata in vigore del regolamento la Commissione pubblicherà orientamenti che comprenderanno indicazioni sul dovere di diligenza in materia di lavoro forzato e informazioni sugli indicatori di rischio. La nuova rete dell’Ue sui prodotti del lavoro forzato fungerà da piattaforma per un coordinamento e una cooperazione strutturati tra le autorità competenti e la Commissione.

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